“Mignestre di fasûi cul lat”, ovvero minestra di fagioli e latte

di Roberto Zottar
I fagioli accompagnano l’uomo da sempre: i sumeri, i greci e i romani ne erano grandi consumatori, anche se conoscevano solo il “fagiolo dall’occhio”. Con la scoperta dell’America vennero introdotte le varietà Vulgaris e coccineus, più dolci e con maggior resa in agricoltura. L’alto valore proteico e il potere saziante, fecero dei fagioli uno dei cibi prediletti dai contadini e dalle classi popolari così come fu immortalato da Annibale Caracci nel 1585 nel dipinto “Il mangiatore di fagioli”.
In Friuli le nuove varietà soppiantarono le coltivazioni di fave, ceci, e selezioni autoctone diedero vita a varietà particolari. Oggi troviamo i “fasûi borlòts”, i fagioli borlotti di Carnia, ovali, screziati di rosso e rappresentativi delle colture carniche. Ci sono poi delle cultivar, purtroppo a rischio di estinzione per lo spopolamento della montagna, tra cui il fagiolo “cesarins”, della Val Pesarina e di Illegio, dalla forma rotonda e di colore verde-giallastro che ricorda il pisello, in friulano “cesarons”, i “fasûi dal Santìsim o da l’aquile”, per la macchia che può ricordare un ostensorio o un’aquila, poco produttivi e coltivati ad Arta, Tolmezzo e Cavazzo. C’è il fagiolo rampicante “militons”, prolifico e tipico di Forni di Sopra, il fagiolo dal “voglùt”, o “plombin”, ovvero fagiolo dall’occhietto per l’ilo scuro, coltivato nella valli interne della Carnia, il fagiolo Laurons di Prato Carnico, e il borlotto rampicante tipico di Pesariis. C’è anche il “Gigante di Platischis”, un coccineus grande e dai vari colori, presente dal 1800. Nell’alta Val Torre c’è il fagiolo rampicante Fiorina, che è gastronomicamente forse il migliore. Ci sono poi i fagioli antichi di San Quirino, piccoli, dal colore marroncino con un particolare occhietto scuro.
L’impiego del fagiolo in zuppa nasce come piatto povero contadino, che veniva preparato al mattino prima di uscire di casa per il lavoro nei campi, mettendo sul fuoco, in una pentola di terracotta, i fagioli con acqua piovana e lasciati a cuocere a fuoco lento senza la necessità di controlli durante la cottura.
Tra le tante varianti, ricordo oggi la Mignestre di fasùi cul lat, ricetta riportata sia dalla Contessa Perusini che da Pietro Adami, ma forse oggi dimenticata. Cucinate i fagioli gettando la prima acqua. Portate a cottura con la seconda e aggiungete un bicchiere di latte a persona. Condite con burro soffritto, avendo aggiunto o patate, o pasta o riso. Abbinamento curioso questo con il latte, dato che di solito i fagioli gradiscono l’agro dell’aceto o del vino rosso.
Buon Appetito!