L’uso dei fuochi dell’Epifania risale alla nascita del dio Dionisio protettore della fertilità e del vino. Dionisio significa “strepito” dallo strepito che si faceva in suo onore.
All’accensione dei fuochi si volle dare un carattere cristiano per ricordare i magi e l’Epifania. Nella Terska dolina era molto diffuso quest’uso: si sistemava un piccolo falò per Gasparre, uno medio per Melchiorre ed il più grande per Baldassarre.
I fuochi venivano accesi in tutti i paesi nel giorno dell’Epifania sulle alture, in posizione ben visibile dal circondario. Nella Terska dolina l’Epifania è conosciuta con il nome di Piernahte, dal tedesco Bertennah, che porta luce: infatti alla festa dei tre magi il giorno è più lungo.
L’iniziativa partiva dai ragazzi. Ogni famiglia offriva legna, rami, bastoni che i giovani raccoglievano attorno ad un palo. Abbondava anche la felce ed il ginepro. Sulla cima del falò veniva fissato un piccolo abete che chiamavano roža.
Veniva sorteggiato colui che doveva accendere il falò. Dopo l’accensione, si ballava tutt’intorno al fuoco.
Si racconta che durante il ballo ci si sgolasse chiedendo per il nuovo anno “pan e vin”. Per questo a Bardo, Sedlišča e Zavarh il fuoco, per onomatopea, cominciò ad essere chiamato “polovin”. A Podbardo e Ter, invece, la pira continua ad essere indicata col termine kries.
In tempi non lontani a Sedlišča su un’ampia altura si riuniva il paese, la gente si cimentava nel dolgi ples e nel kolo, intonando la filastrocca: “paršol je kries, paršol je kries, gori drevo, gori lies, trilaj laj!”
Le ceneri venivano poi sparse per i prati e campi nella speranza di un buon raccolto e qualche brace veniva trafugata per accendere il fuoco di casa.