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Pohodi z etnografijo tudi na SolbiciA Stolvizza sui passi dell’etnografia

Con una discreta partecipazione di pubblico domenica, 11 settembre è terminato a Stolvizza/Solbica il cammino nelle «Terre alte tra confini e frontiere», promosso da Melus srl – impresa sociale con la collaborazione dell società cooperativa Cramars e della Fondazione «Pietro Pittini».

La frazione di Resia è stata l’ultima tappa di un percorso che ha coinvolto Pontebba, Timau, Topolò e Prossenicco. In tutte queste località situate ai margini del Friuli-Venezia Giulia, le comunità locali si sono presentate attraverso“passeggiate etnografiche”, facendo vivere e condividendocon i partecipanti alcune esperienze del vivere quotidiano in questi luoghi. Realtà particolari dove, come sostiene l’antropologo Annibale Salsa, le popolazioni alpine si sono sempre spostate tra versanti e confini, arrivando a spingersi anche molto lontano. Con lo studioso e già presidente del Club alpino italiano (Cai) a Stolvizza si sono potuti visitare borghi, musei e case private, confrontandosi direttamente con gli abitanti del luogo, da cui i partecipanti hanno potuto ascoltare racconti e testimonianze di vite vissute lungo il confine con o senza frontiera.

Salsa sottolinea la differenza. «Le parole vengono usate come sinonimi ma sinonimi non sono, perché il confine ha un significato di tipo inclusivo: il confine è il punto in cui ci si incontra, mentre il termine frontiera […] in qualche modo connota dal punto di vista del lessico militare quello che è l’elemento divisorio. Vivere sul confine è un’opportunità perché favorisce l’interscambio; durante il periodo delle “Alpi aperte”, come le definiva il geografo Paul Guichonnet, le popolazioni si spostavano molto. Lo stereotipo del montanaro che rimane sempre chiuso nella sua valle è un falso, è un falso etnografico. Le popolazioni alpine si sono sempre spostate sui due versanti e sispingevano anche molto lontano. Oggi invece, pur disponendo di tutti i mezzi di trasporto, di locomozione, di comunicazione e infrastrutture, percepiamo maggiormente le distanze. Questo è il famoso paradosso alpino». Per i partecipanti questa è stata un’occasione per apprendere conoscenze, scambiare riflessioni, condividere possibilità ma anche assaporare i cibi tradizionali preparati dall’Associazione Vivistolvizza Aps. (Sandro Quaglia)