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Lojze Kovačič: I migranti — La casa di carta – Papirnata hiša

Parla Martina Clerici, la traduttrice di uno dei più grandi scrittori sloveni, Lojze Kovačič / Besedo ima Martina Clerici, prevajalka prvega dela Kovačičeve trilogije Prišleki. ____________________________ Il bambino in esilio. I migranti, volume 1,  Lojze Kovačič Dal 26 novembre è disponibile sugli scaffali delle librerie italiane il primo libro della trilogia Prišleki, il capolavoro di […]

Lojze Kovačič: I migranti — La casa di carta – Papirnata hiša
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Il Natale profuma di mandarini.

da wikipedia

di Roberto Zottar di Vita nei campi (fb)

Nelle case in Friuli, per i bambini soprattutto, ma forse anche per qualcuno di noi, è venuta Santa Lucia, mentre San Nicolò, nella Venezia Giulia, era già passato il 5 dicembre. Tra i doni che questi Santi ci fanno trovare al nostro risveglio, o almeno questo accadeva quando ero piccolo se mi ero comportato bene, c’erano sempre, oltre a frutta secca, marzapani a quadretti e altri dolciumi, i mandarini che riempivano la casa con il loro intenso profumo. L’antico lignaggio del Citrus reticulata, tale è il suo nome scientifico, dà al mandarino un ruolo da protagonista. Alcuni botanici lo considerano più antico di arance e limoni e, accanto alle ben note proprietà organolettiche dei suoi oli essenziali, possiede altrettante proprietà simboliche al punto da diventare il nome di una lingua e l’emblema di un’élite. Il termine “mandarino” era usato dagli stranieri per designare i funzionari dell’impero cinese dal tipico abito arancione dorato e furono i portoghesi a coniare la parola mandarim volgarizzando il sanscrito mantrim, che significa “ministro”. Ma oltre a una casta di altissimi funzionari il termine passò a indicare anche la lingua, altrettanto elitaria, del Nord della Cina. L’aroma dei mandarini e il profumo dolcemente imperioso delle loro bucce gettate sulla piastra calda dello spolert ci fanno socchiudere gli occhi risvegliando proustianamente il ricordo di passati Natali dove l’abete, invece che con le attuali sfavillanti luci a led, era decorato con mandarini infiocchettati e biscotti speziati glassati di zucchero. Profumi e sapori infatti non sono soltanto un supporto per la preparazione dei cibi ma, dato il loro legame con la memoria, stimolano un’evocazione che suscita ricordi e diviene cibo dell’anima. Anche il sapore del mandarino poi è molto gradevole, grazie al maggior contenuto di zucchero rispetto agli altri agrumi. Oggi vi lascio la ricetta di profumatissime gelatine al mandarino realizzate con un ingrediente segreto, carote, ma sono certo che nessuno le identificherà all’assaggio. Cuocete come una marmellata fino quasi ad asciugatura 500 g di Zucchero con 500 g di carote grattugiate fini, aggiungete il succo di 4 mandarini, le loro bucce frullate e il succo di 2 limoni. Cuocete fino a che l’impasto inizia a staccarsi dalla pentola. Fate raffreddare, formate delle palline come piccole noci, passatele nello zucchero semolato e servitele in pirottini di carta. Io le conservo in una scatola di latta grattugiando sopra altra buccia di mandarino per aumentarne il profumo.

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“Fiore di roccia”un libro di Ilaria Tuti che parla delle portatrici carniche

Copertina anteriore

«Quelli che riecheggiano lassù, fra le cime, non sono tuoni. Il fragore delle bombe austriache scuote anche chi è rimasto nei villaggi, mille metri più in basso. Restiamo soltanto noi donne, ed è a noi che il comando militare italiano chiede aiuto: alle nostre schiene, alle nostre gambe, alla nostra conoscenza di quelle vette e dei segreti per risalirle. Dobbiamo andare, altrimenti quei poveri ragazzi moriranno anche di fame. Questa guerra mi ha tolto tutto, lasciandomi solo la paura. Mi ha tolto il tempo di prendermi cura di mio padre malato, il tempo di leggere i libri che riempiono la mia casa. Mi ha tolto il futuro, soffocandomi in un presente di povertà e terrore. Ma lassù hanno bisogno di me, di noi, e noi rispondiamo alla chiamata. Alcune sono ancora bambine, altre già anziane, ma insieme, ogni mattina, corriamo ai magazzini militari a valle. Riempiamo le nostre gerle fino a farle traboccare di viveri, medicinali, munizioni, e ci avviamo lungo gli antichi sentieri della fienagione. Risaliamo per ore, nella neve che arriva fino alle ginocchia, per raggiungere il fronte. Il nemico, con i suoi cecchini – diavoli bianchi, li chiamano – ci tiene sotto tiro. Ma noi cantiamo e preghiamo, mentre ci arrampichiamo con gli  scarpetz ai piedi. Ci aggrappiamo agli speroni con tutte le nostre forze, proprio come fanno le stelle alpine, i «fiori di roccia». Ho visto il coraggio di un capitano costretto a prendere le decisioni più difficili. Ho conosciuto l’eroismo di un medico che, senza sosta, fa quel che può per salvare vite. I soldati ci hanno dato un nome, come se fossimo un vero corpo militare: siamo Portatrici, ma ciò che trasportiamo non è soltanto vita. Dall’inferno del fronte alpino noi scendiamo con le gerle svuotate e le mani strette alle barelle che ospitano i feriti da curare, o i morti che noi stesse dovremo seppellire. Ma oggi ho incontrato il nemico. Per la prima volta, ho visto la guerra attraverso gli occhi di un diavolo bianco. E ora so che niente può più essere come prima.»  Con “Fiore di roccia” Ilaria Tuti celebra il coraggio e la resilienza delle donne, la capacità di abnegazione di contadine umili ma forti nel desiderio di pace e pronte a sacrificarsi per aiutare i militari al fronte durante la Prima guerra mondiale. La Storia si è dimenticata delle Portatrici per molto tempo. Questo romanzo le restituisce per ciò che erano e sono: indimenticabili.

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Ilaria Tuti vive a Gemona del Friuli, in provincia di Udine. Appassionata di pittura, nel tempo libero ha fatto l’illustratrice per una piccola casa editrice. Nel 2014 ha vinto il Premio Gran Giallo Città di Cattolica. Il thriller Fiori sopra l’inferno, edito da Longanesi nel 2018, è il suo libro d’esordio. Il secondo romanzo, Ninfa dormiente, è del 2019. Entrambi vedono come protagonisti il commissario Teresa Battaglia, uno straordinario personaggio che ha conquistato editori e lettori in tutto il mondo, e soprattutto la terra natia dell’autrice, la sua storia, i suoi misteri. Con Fiore di roccia, e attraverso la voce di Agata Primus, Ilaria Tuti celebra un vero e proprio atto d’amore per le sue montagne, dando vita a una storia profonda e autentica, illuminata dalla sensibilità di un’autrice matura e generosa.

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